Quella del parto in acqua all’inizio era una pratica, ideata dal medico russo Igor Tjarkowskij, piuttosto originale e ad appannaggio di qualche mamma à la page.
Oggi, grazie al medico francese Michel Odent, il parto in acqua è una pratica molto diffusa in Europa tra le donne che scelgono di avere un parto dolce e trova sempre maggiore spazio anche in Italia. E molte mamme scelgono di far nascere il loro bambino non in un ospedale che ha in dotazione una vasca per il parto, ma addirittura a casa, nella propria vasca o in quella portata dall'ostetrica che le segue nel parto a casa.
Per il bambino nascere in acqua significa passare dal suo habitat naturale, liquido e caldo, a un habitat del tutto simile, insomma significa vivere il momento della nascita in maniera meno traumatica.
Appena il neonato nasce viene, però, posto sull’addome della mamma e la reazione al passaggio da caldo a freddo stimola l’istinto della respirazione.
Rossella Nappi, Professore Associato di Clinica Ostetrica e Ginecologica dell’IRCCS Policlinico San Matteo, Università degli Studi di Pavia, spiega che il parto in acqua non è pericoloso, ma offre innegabili benefici anche nella riduzione del dolore per massimizzare il benessere della mamma. La temperatura di 37 gradi favorisce la produzione di endorfine, degli antidolorifici naturali. E i benefici sono anche per il bambino: dotato del cosidetto ‘diving reflex’, ossia riflesso subacqueo, il piccolo non respira fino a che resta in acqua, azzerando così il pericolo di soffocamento.
Massima libertà in questo senso: si può indossare un semplice top oppure la parte superiore di un costume o un reggiseno, ma va bene anche assolutamente nulla, per sentirsi più libere.