Secondo la International Diabetes Federation (IDF), nel 2021 circa il 10% della popolazione adulta mondiale soffre di diabete, mentre si stima che 1,2 milioni di bambini e adolescenti (sotto i 19 anni) convivano con il diabete di tipo 1. Questo tipo di diabete è il più diffuso tra i giovani, rappresentando circa i due terzi delle nuove diagnosi tra bambini e ragazzi di tutte le etnie. Il diabete di tipo 1 è infatti una delle malattie croniche infantili più comuni: colpisce 1 bambino su 350 entro i 18 anni, e la sua incidenza è in crescita, in particolare tra i bambini sotto i 5 anni.
In Italia, circa 300.000 persone convivono con il diabete di tipo 1, con una prevalenza dello 0,5% sull’intera popolazione e dello 0,22% tra i bambini. Ogni anno vengono diagnosticati 12,26 nuovi casi su 100.000 bambini, con un’incidenza maggiore tra i maschi rispetto alle femmine (13,13 contro 11,35 per 100.000). Tra i bambini, il diabete di tipo 1 spesso si presenta in due fasi: tra i 4 e i 6 anni e tra i 10 e i 14 anni.
La qualità della vita di questi piccoli pazienti può essere molto difficile e serve una stretta collaborazione tra medici e genitori. Se in Italia la qualità dell’assistenza resta piuttosto alta, i bambini vivono comunque una condizione di disagio a causare dell’obbligo di fare misurazioni della glicemia e fino a 4 iniezioni al giorno. Senza contare il rischio di andare incontro a crisi ipoglicemiche. Per questo la ricerca sta studiando nuovi strumenti terapeutici in grado di migliorare la qualità della vita dei bambini diabetici. Ad esempio il cosiddetto pancreas artificiale: un sistema di infusione ad ansa chiusa con rilevatore wireless di glicemia che può rivelarsi molto utile soprattutto di notte, quando le crisi ipoglicemiche non vengono rilevate.
Come si fa a capire se un bambino ha il diabete? Ecco i 5 sintomi da non sottovalutare mai:
Si tratta di indicatori molto significativi, che non vanno mai sottovalutati perchè sono i principali sintomi del diabete di tipo 1. Diagnosticare il diabete è semplice e rapido: il medico preleverà una minuscola goccia di sangue dal polpastrello del bambino, grazie alla quale misurerà il valore della glicemia nel sangue.
La diagnosi tempestiva è estremamente importante perché si deve intervenire rapidamente per impedire la formazione di corpi chetonici (chetoacidosi) e di danni irreversibili.
A marzo 2024 è partito un progetto pilota in 4 regioni per eseguire lo screening per il diabete sui neonati. A distanza di pochi mesi i risultati sono incoraggianti: la diagnosi precoce del diabete di tipo 1 riduce del 94% il rischio di gravi complicanze e proprio, grazie allo screening, si stima che più di 450 bambini ogni anno eviteranno la chetoacidosi, la più pericolosa conseguenza della malattia, a volte fatale.
Non esiste una cura per il diabete infantile: non si può guarire e si dovrà gestire la malattia e la terapia per tutta la vita. Tuttavia la ricerca scientifica non si ferma e ci sono sul piatto diverse opzioni interessanti. Ad esempio negli Stati Unti nel 2022 è stato approvato un anticorpo monoclonale chiamato Teplizumab, che riesce a ritardare l’esordio clinico del diabete di tipo 1, è disponibile in Italia per uso compassionevole per i bambini di età pari o superiore a 8 anni con diabete di tipo 1 di stadio 2, positivi a due o più autoanticorpi caratteristici della malattia e con condizione di disglicemia. Come spiega Valentino Cherubini, presidente SIEDP, si somministra per via endovenosa e permette di ritardare l'insorgenza del diabete di tipo 1 in chi manifesta i primi segni di questa patologia consentendo ai pazienti di vivere mesi o anni senza il peso della malattia.
Il farmaco prevede la somministrazione una volta al giorno per due settimane ed è capace di rallentare la progressione della malattia legandosi a specifiche cellule del sistema immunitario che, normalmente, agiscono nella difesa dell’organismo contro molti patogeni, ma che nelle persone con diabete di tipo 1 sono tra le responsabili della risposta autoimmune errata che contraddistingue la patologia. Come emerso da uno studio su 76 pazienti con diabete di tipo 1 in stadio preclinico, dopo circa 51 mesi dalla somministrazione del farmaco, il 45% dei 44 pazienti che hanno ricevuto l’anticorpo monoclonale è stato diagnosticato con diabete di tipo 1, rispetto al 72% dei 32 pazienti che hanno ricevuto un placebo, con un ritardo significativo nell'esordio della malattia.
Per fortuna oggi esistono numerosi strumenti precisi e poco invasivi per misurare la glicemia, somministrare l’insulina, controllare la propria salute.
Tuttavia è indubbio che gestire il diabete richieda precisione, rispetto dei tempi, attenzione. Per aiutare i piccoli diabetici proprio a Varese è stato presentato un “Decalogo per il bambino diabetico”, con consigli utili per la gestione autonoma della malattia.
Ecco le 10 regole per la gestione del diabete nel bambino:
L’obesità, vero flagello per la salute in quanto ‘madre’ o elemento peggiorativo di tante malattie cronica è considerata anche il principale fattore di rischio per la comparsa dei diabete dei grandi, il cosiddetto diabete di tipo 2, una malattia causata da una ridotta sensibilità dei tessuti all’insulina. Il diabete di tipo 1, quello caratteristico dei bambini e degli adolescenti, almeno fino alle soglie del terzo millennio, è invece una malattia completamente diversa, causata dalla distruzione del pancreas, l’organo che produce insulina, da parte del sistema immunitario. Da qualche anno, negli Stati Uniti, come in Europa, si sta osservando un numero sempre più importante di casi di diabete di tipo 2 nei bambini e negli adolescenti. E’ una malattia per molti aspetti inedita e che merita quindi un’attenzione particolare.
Per questo gli esperti americani sono scesi in campo, per dettare le istruzioni per l’uso di questa malattia dei grandi che sta facendo sentire sempre più la sua presenza tra bambini e adolescenti e lo hanno fatto con delle linee guida che sono state redatte a più mani dall’American Academy of Pediatrics in collaborazione con l’American Diabetes Association, la Pediatric Endocrine Society, l’American Academy of Family Phisicians e l’Academy of Nutrition and Dietetics.
Due le terapie di prima linea consigliate:
Molta attenzione viene dedicata in queste linee guida proprio agli aspetti di uno stile di vita salutare, nel tentativo di correggere quello che le errate abitudini alimentari e la sedentarietà hanno squilibrato.
In Italia, secondo i dati di OKkio alla Salute del Ministero della Salute (rilevazione condotte su 42mila bambini di terza elementare), il 23% dei bambini è in sovrappeso e l’11% obeso. Tra i nostri bambini sono molto diffuse le errate abitudini alimentari:
Quete le parole di Stefano Del Prato, già Presidente SID:
Il diabete è una condizione che può interessare tutte le età della vita, dall’infanzia alla vecchiaia. Fino a qualche anno fa il diabete che insorgeva in età infanto-giovanile veniva considerato diverso dalla forma che insorgeva in età adulta. Il primo, noto come diabete tipo 1, è dovuto alla distruzione delle cellule che producono insulina, l’ormone che controlla i livelli dello zucchero nel nostro sangue (glicemia). La carenza di questo ormone impedisce all’organismo di generare l’energia di cui ha bisogno a partire dallo zucchero e lo costringe a ricercarla utilizzando i grassi depositati nei nostri tessuti. Quando questo processo diventa particolarmente grave, questi grassi formano corpi chetonici (tra i quali l’acetone) che se prodotti in quantità eccessive intossicano l’organismo e creano condizioni di emergenza (chetoacidosi). Nell’adulto, invece, il diabete (diabete tipo 2) raramente si accompagna a formazione di corpi chetonici perché la produzione dell’insulina non è quasi mai completamente assente, anche se questa insulina fatica ad agire normalmente (insulino-resistenza). Il diabete tipo 1 è sempre stato considerato un diabete che insorge in età infantile, in soggetti con normale peso corporeo e di solito si manifesta improvvisamente a volte con il quadro drammatico della chetoacidosi. Al contrario, il diabete tipo 2 era considerato una condizione che si sviluppava lentamente in soggetti adulti generalmente in sovrappeso con, in particolare, un eccesso di girovita e che poteva procedere, anche per lungo tempo, senza particolari sintomi al punto che frequentemente veniva riscontrato in occasione di abituali check-up. Questa distinzione piuttosto chiara sta però via via scomparendo soprattutto perché il diabete tipo 2 diventa sempre più comune nelle età giovanili e adirittura in età pediatrica.
Come spiega l'esperto, il dato è preoccupante perché se il diabete tipo 1 era relativamente poco frequente (80-100 nuovi casi per milione di abitanti all’anno) il diabete tipo 2 è molto più frequente ed interessa non meno del 5% della popolazione italiana, una percentuale destinata a crescere con il passare del tempo. Il motivo di questa maggiore frequenza del diabete tipo 2 è largamente dovuta allo stile di vita (poca attività fisica e dieta ipercalorica) con il conseguente aumento dell’obesità, il principale fattore scatenante per il diabete tipo 2.
Proprio le generazioni più giovani stanno pagando lo scotto maggiore di questi cambiamenti di vita: attività sedentarie, televisione, computer, giochi elettronici tutto contribuisce a ridurre l’attività fisica nei nostri ragazzi. A questo si unisce un’insana abitudine a un uso eccessivo di bevande zuccherate, di alimenti preconfezionati, di colazioni saltate e il ricorso a merendine e spuntini vari il tutto sostenuto da un massiccio battage pubblicitario.
Il risultato è che l’Italia è la maglia nera dell’obesità in Europa: 23 bambini di età compresa tra gli 8 e 9 anni su 100 sono in sovrappeso e 11 su 100 francamente obesi. Pochi anni di questa situazione e il diabete tipo 2 comincia a comparire a 10, 11, 12 anni.
Oggi si può calcolare che su ogni 10 bambini ai quali viene diagnosticato il diabete, 2 hanno un diabete tipo 2, condizione pressochè sconosciuta in questa età fino a qualche anno fa. Questo fenomeno è destinato ad aumentare come purtroppo ci insegna l’esperienza americana. In quel Paese il diabete tipo 2 è un problema talmente importante da avere reso necessario il tentativo di codificare il trattamento di questi bambini redigendo una apposita linea guida.
Ora, questo può essere visto come un doveroso atto da parte della classe medica e dei medici specialisti, in particolare. In realtà è un’amara sconfitta. Vuol dire che per un’incapacità di trasmettere concetti di salute adeguati e di arginare il fenomeno obesità siamo costretti a pensare a quale farmaco cominciare a somministrare a un bambino, che dovrà continuare ad assumerne sempre di più per gli anni a seguire nel tentativo di evitare le conseguenze del diabete e cioè le complicanze a carico di occhi, nervi, rene, cuore e vasi. Ritengo che tutto questo debba fare riflettere con grande attenzione perché questo non può essere l’eredità che lasciamo ai nostri figli.