I disturbi del sonno nei bambini sono piuttosto frequenti e anche se in genere tendono a scomparire con l'età possono creare non pochi problemi e disagi, anche a tutta la famiglia. Si stima che un bimbo su quattro, fino a 3 anni, soffre di disturbi del sonno e la percentuale è tra il 20 e il 25% dei bambini se si fa riferimento, più in generale, ai Paesi occidentali.
Secondo l’Osservatorio Nazionale sulla Salute dell’Infanzia e dell’Adolescenza (Paidòss), più di un milione di bambini e ragazzini - fra i 3 e i 14 anni – soffre di disturbi del sonno: dalla difficoltà ad addormentarsi ai frequenti risvegli durante la notte.
Ad incidere su queste problematiche ci sono l’utilizzo di tablet, computer e telefonini fino a tarda sera, la scelta di cibi pesanti per la cena e la cattiva abitudine di andare letto agli orari degli adulti.
Rispetto a quest’ultimo dato basti pensare che i bambini fra i tre e i cinque anni dovrebbero dormire tra le 11 e le 13 ore, per arrivare a 8-9 ore nell’età compresa fra gli 11 e i 13 anni. Oggi, invece, la maggioranza dei bambini e dei ragazzi perde almeno 40 minuti di sonno a notte e, in oltre otto casi su dieci, i disturbi del sonno dipendono proprio da fattori legati all’organizzazione della giornata e alla molteplicità di stimoli che ricevono i più piccoli.
Il sonno notturno aiuta i bambini a crescere, ma aiuta anche a prevenire iperattività e disturbi dell’attenzione.
Lo conferma uno studio della Yeshiva University, apparso su Pediatrics, secondo il quale l’aggressività, l’iperattività, e le difficoltà di concentrazione sarebbero collegabili anche al modo in cui i bambini respirano di notte. In pratica i bambini che non dormono bene a causa di un’apnea notturna andrebbero maggiormente soggetti a questo tipo di disturbi.
Lo studio ha analizzato il sonno di ben undicimila bambini fino al compimento dei sei anni di vita e ha valutato anche l’iperattività, la difficoltà di attenzione, i comportamenti trasgressivi e l’intensità di problemi emotivi come ansia e depressione attraverso dei questionari compilati a quattro e sette anni. Uno studio di grandi proporzioni che ha portato a concludere che i disturbi della respirazione notturna (principalmente apnea notturna, russare e respirare con la bocca e non con il naso) sono direttamente collegati all’iperattività.
Ecco i consigli dei pediatri:
Consigli dettati dal buon senso che però spesso stentiamo a seguire a causa della cattiva organizzazione giornaliera che impone ai nostri figli, esattamente come a noi, ritmi frenetici e scarsa attenzione al riposo.
Ma oltre ai risvegli notturni e alle scorrette abitudini che possono compromettere la qualità del sonno dei nostri figli ci sono dei veri e propri disturbi del sonno che spesso si presentano nei primi anni di vita e poi tendono a sparire.
Non è un episodio di sonnambulismo e non è nemmeno un semplice incubo. Si chiama pavor nocturnus (terrore notturno) ed è un disturbo del sonno che rientra nel gruppo di alterazioni della normale struttura del sonno chiamate parasonnie.
Generalmente si presenta per la prima volta intorno ai 3 anni e si manifesta nei primi 90 minuti di sonno.
Il bambino si sveglia bruscamente, piange, urla, si dibatte, è tachicardico e sudato e ha i muscoli irrigiditi. A prima vista può sembrare un incubo, ma se si prova a parlare al bambino o a svegliarlo ci si accorge che lui non vede, non sente, non riconosce l’ambiente né i volti familiari. Ha gli occhi sbarrati ma non ha coscienza di dove si trovi e quindi ogni tentativo di svegliarlo si rivela vano.
L’unica cosa da fare è stargli vicino, soprattutto per evitare che dimenandosi si faccia male, e aspettare che la crisi passi. Inutile provare a parlargli, abbracciarlo, muoverlo: sono gesti che potrebbero, anzi, impaurire il bambino ancora di più. Generalmente l’episodio dura al massimo dieci minuti, dopodiché il piccolo crolla di nuovo in un sonno tranquillo e al mattino non ricorderà nulla di quanto accaduto.
Non si conoscono nel dettaglio le cause dei pavor nocturni. Alcuni fattori possono favorire la comparsa delle crisi: ad esempio qualche stimolo sonoro o visivo, la febbre, un calo dei sali minerali, magari in occasione dell’estate quando si suda troppo. Ma nulla ancora si sa con certezza sulle cause reali.
Nel bel mezzo della notte un pianto vi sveglia e vi mette in agitazione? Niente paura, vostro figlio ha soltanto avuto un incubo.
Non c'è da preoccuparsi: per la sua mente è uno strumento per analizzare la realtà ed è un passo obbligato della crescita personale di tutti i bambini.
Come le altre angosce dei bambini, anche gli incubi nascono dall'atavica paura della separazione, che il bambino trasferisce su un mostro, un essere soprannaturale, un fantasma che popola i suoi sogni.
Il piccolo in questo periodo comincia a prendere coscienza della sua individualità e soprattutto del mondo che lo circonda ed è proprio per questo che le paure possono essere più frequenti.
Il ruolo dei genitori, in questo caso, è proprio quello di rassicurare il bambino, mostrargli che nella sua stanzetta non c'è nulla che può fargli del male. Spesso basta poco per agitare un bambino: una scena di un film, qualche gioco visto sul computer del fratellino più grande, perfino una fiaba raccontata con il tono della voce sbagliato può incutere timori e provocare poi degli incubi. Un'altra causa sono tutti quei personaggi dell'immaginario popolare che servono ai genitori proprio per mettere paura e farsi obbedire dai figli, come il lupo o l'uomo nero.
Posto quindi che l'incubo è una tappa fondamentale nella crescita mentale del bambini, è anche vero però che bisogna fare attenzione a che queste piccole paure non diventino fobie.
L'inspiegabile terrore di fronte ad un cane, la paura di uscire in strada, la fuga alla vista di personaggi particolari (zingari, barboni, ecc.), l'isolamento improvviso dagli altri compagni, un comportamento aggressivo mai avuto prima possono essere le prime avvisaglie di un disagio più profondo.
Se, invece, l'incubo è passeggero e si limita al risveglio notturno casuale, allora basterà rassicurare il bambino, magari dimostrandogli tangibilmente ciò che affermate (se ha paura di entrare nella stanzetta al buio, fatelo prima voi, se crede che ci siano i mostri nell'armadio, apritelo e dimostrategli che non è vero, ecc.), senza prenderlo in giro perché ha paura e senza essere troppo protettive nei suoi confronti, ma con ferma serenità.
E’ più frequente di quel che crediamo. Almeno il 15% dei bambini tra i 5 e i 12 anni hanno vissuto almeno un episodio di sonnambulismo.
Cosa accade?
Generalmente l’episodio inizia nelle prime due ore di sonno e dura da 5 a 20 minuti.
Il piccolo si alza dal letto, cammina, può compiere azioni anche piuttosto complesse, come vestirsi e aprire le porte, ha gli occhi aperti ma non ha coscienza di ciò che accade intorno a lui. Al termine dell’episodio il piccolo torna a dormire e al mattino non ricorda nulla di ciò che ha fatto durante la notte.
Come aiutarlo?
Quali sono le cause del sonnambulismo?
Le cause del sonnambulismo sono ancora indefinite. L’unica cosa certa è che esiste una forte componente ereditaria.
Generalmente gli episodi di sonnambulismo restano confinati all’infanzia e alla pubertà. Quando il bambino diventa preadolescente gli episodi si diradano fino a sparire.
Presso l'Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma sono attivi due servizi utili alle famiglie che hanno bambini che soffrono di disturbi del sonno:
L’Ambulatorio prima infanzia si occupa, ad esempio, dei risvegli notturni - sia quelli dettati dal prolungato allattamento al seno (oltre i 7 mesi) quanto di quelli collegati ai cambiamenti fisiologici dei bimbi – ma anche dei problemi legati alla fase dell’addormentamento. E lo fa con incontri paralleli a piccoli gruppi bambini e genitori. Lo Sportello del neonato, invece, sostiene e supporta le neomamme in tutte le piccole e grandi problematiche quotidiane di gestione di un neonato.
La decisione dell’Ospedale romano di attivare queste due strutture si è resa necessaria anche perché il trend dei disturbi del sonno (difficoltà ad addormentarsi, risvegli frequenti, faticosa ripresa del sonno) è in crescita. Anche a causa dei mutamenti sociali in fatto di abitudini quotidiane (maggiore uso e abuso di videogiochi e televisione).