I nuovi test del Dna fetale - Non Invasive Prenatal Test (NIPT) rappresentano una delle grandi novità della diagnostica prenatale e promettono di mandare in pensione esami invasivi come l’amniocentesi o la villocentesi. Vediamo come funzionano questi test e quando farli.
Innanzitutto un chiarimento che è bene fare immediatamente: quando uscirono questi test si prometteva di mandare in pensione l'amniocentesi ed altri esami prenatali invasivi. In realtà negli anni successivi è stato più e più volte chiarito che questi esami non sostituiscono l'amniocentesi che resta al momento l'unico esame diagnostico per le malformazioni fetali, così come la villocentesi.
Tuttavia è indubbio che i test del Dna fetale sono una delle più interessanti e promettenti scoperte recenti in materia di diagnostica prenatale e hanno lo scopo di sostituire esami invasivi, come l’amniocentesi e la villocentesi, che comportano una seppur minima percentuale di rischio di aborto.
Tutto è partito dalla scoperta che nel sangue materno si trova in circolazione anche il Dna del feto che è possibile isolare ed analizzare dal punto di vista genetico alla ricerca di anomalie cromosomiche.
In pratica a partire dal primo trimestre di gravidanza, nel circolo ematico materno è presente DNA libero di origine fetale (cell free fetal DNA, cffDNA), che può essere recuperato in maniera non-invasiva, attraverso un semplice esame del sangue, ed utilizzato per lo studio di alcune patologie fetali.
Questi esami consentono di analizzare il DNA fetale libero nel sangue della mamma già a 10 settimane di gravidanza e di misurare il corretto numero di cromosomi nel Dna fetale al fine di individuare le più comuni anomalie come
La percentuale del cffDNA viene definita “frazione fetale” (FF) ed è proprio questo dato che viene analizzato dagli esperti: ad esempio in caso di un feto con trisomia 21, si compara il numero dei frammenti appartenenti al cromosoma 21 nella gravidanza in esame, con il numero dei frammenti di un altro cromosoma dello stesso campione. Se nella gravidanza in esame è presente un feto con trisomia 21 aumenta la FF per la presenza di frammenti circolanti aggiuntivi rilasciati dal CR21 soprannumerario del feto.
Questi test sono ormai disponibili anche in Italia ma al momento non vengono offerti dal SSN ma da laboratori privati con costi anche piuttosto elevati. Il test è a carico dell’utente, con costi variabili tra i 350 e i 900 Euro.
Nel 2015 il Ministero della Salute ha pubblicato le Linee Guida sullo screening prenatale basato sul Dna fetale. Cosa si evince da questo documento?
L'Harmony test è praticamente il più conosciuto ed utilizzato test del Dna fetale al mondo: è disponibile in oltre 100 Paesi ed è stato utilizzato nella pratica clinica di oltre 500.000 gravidanze in tutto il mondo. La tecnologia misura ed analizza con grande precisione la percentuale di Dna fetale circolante nel sangue materno per valutare i rischi di trisomia 18, trisomia 21 (sindrome di Down), trisomia 13 ed anomalie cromosomiche sessuali (aneuploidie).
Il test del dna fetale resta comunque un esame probabilistico e non diagnostico: ciò vuol dire che, esattamente come accade con il test combinato e la translucenza nucale, il risultato offre una percentuale di probabilità che il feto abbia un’anomalia cromosomica e alla madre verrà consigliato di sottoporsi all’amniocentesi nelle settimane successive per avere una diagnosi certa.
Gli studi internazionali di validazione dei test sul DNA fetale nel plasma materno per le T21, T18, T13 hanno dimostrato una specificità superiore al 99% ed una sensibilità 92-99%. Altri studi sulle gravidanze ad alto e basso rischio, con età media materna di 30 anni, hanno evidenziato una specificità del 99,9% ed una sensibilità del 99%.
Un risultato indicativo di una “bassa probabilità di trisomia” deve essere considerato rassicurante per la donna, in considerazione dell’elevata specificità del test e del suo elevato valore predittivo negativo. E bisogna ricordare che il risultato dello screening fa comunque riferimento alle caratteristiche genetiche del citotrofoblasto (placenta) che, in rari casi, possono essere discordanti rispetto a quelle del feto (discrepanza feto-placentare).
Come ribadisce il Ministero della Salute, ogni risultato positivo deve essere confermato con una tecnica invasiva tradizionale (villocentesi /amniocentesi).
Le Linee Guida del Ministero indicano chiaramente che è indispensabile rivolgersi a centri che: