Le nostre nonne la pensavano così: "i bambini non vanno consolati, non vanno tenuti in braccio se no prendono il vizio". Per fortuna tanti anni sono passati e adesso l’approccio è molto più affettuoso e materno. Finalmente oggi il pianto del neonato è accettato, compreso e consolato. Soprattutto perché il pianto non è che l’unico, il più usato, strumento di comunicazione che il neonato ha a sua disposizione per farci capire cosa prova. I neonati non piangono per dispetto o per capriccio ma piangono sempre per un motivo e, risolto il disagio, il pianto cessa. Ma come interpretare il pianto del neonato?
Vediamo quali sono i motivi più frequenti per i quali un bambino di poche settimane di vita piange.
Il pianto per fame è insistente, il piccolo stringe la mano a pugnetto e la mette in bocca, cerca il capezzolo e non si calma in alcun modo.
Cosa fare: basta nutrirlo e guardarlo negli occhi per infondergli serenità (ricordiamoci che il bambino è totalmente dipendente da noi e questa sensazione può essere spaventosa).
Il pianto causato da un dolore è acuto e breve. E’ interrotto da brevi pause di apnea del respiro e poi ricomincia in modo stridente. Non c’è nulla che possa calmarlo.
Cosa fare: si può provare a tastare dolcemente con i polpastrelli le varie zone del suo corpo alla ricerca della zona dolorante e una volta individuata l’origine del dolore intervenire per farlo passare.
Se la causa del dolore è nota (dentizione, piccoli traumi, febbre) il paracetamolo può essere usato in tutta tranquillità anche a stomaco vuoto. L’importante è somministrare la dose corretta per assicurarsi il massimo dell’efficacia.
E’ la terza causa più frequente di pianto nei neonati, dopo quello per la fame e perché deve essere cambiato. E’ un pianto lamentoso, quasi un piagnucolio che si fa sempre più insistente. Nulla sembra distrarre il bambino.
Cosa fare: l’unico modo per calmarlo è metterlo a letto, magari favorendo il relax con una coccola, la luce soffusa e la tranquillità dell’ambiente.
Per esempio ha freddo o ha caldo, oppure è bagnato. Il pianto è forte e insistente, ma meno lacerante di quello causato dal dolore.
Cosa fare: basta toccarlo; se è sudato è bene scoprirlo un po’, se ha la nuca fredda coprirlo. Controllate anche il pannolino: forse va semplicemente cambiato.
Il neonato si annoia? Ebbene sì, può capitare. E allora inizia a piangere con un lamento che sembra un piagnucolio intermittente che non cessa.
Cosa fare: distrarlo, prenderlo in braccio, chiacchierare un po’ con lui.
Il pianto comincia verso sera, è insistente e può durare a lungo. Il bambino alza le ginocchia verso l’addome.
Cosa fare: la pazienza è il primo rimedio utile. E’ consolatorio per il piccolo essere cullato e coccolato quindi meglio evitare di trasmettergli ansia e agitazione. Può essere utile fargli un massaggino sulla pancia girando attorno all’ombelico in senso orario e alzandogli le ginocchia per favorire l’uscita dell’aria dalla pancia oppure cullarlo sistemandolo sul braccio a pancia in giù e massaggiandogli delicatamente la schiena.
E’ un pianto che si verifica verso sera: le mamme spesso lo scambiano per il pianto delle colichette (che si presentano solitamente al tramonto), ma in realtà è causato dalla stanchezza per una giornata ricca di stimoli. Il bambino piange e poi fa una breve pausa, poi riprende e così via.
Cosa fare: favorire il riposo e la tranquillità con una coccola, cullandolo e rassicurandolo.
Il bambino ha pochi mesi e spesso piange in maniera inconsolabile. Più volte al giorno. L’impresa di saper riconoscere i motivi che stanno dietro al pianto del bambino davvero difficile, a volte frustrante. Soprattutto per le neomamme.
Per aiutare i genitori a distinguere il pianto dei neonati il ricercatore Mariano Choliz dell'università di Valencia ha osservato venti bambini di età compresa tra i 3 e i 18 mesi e ha tirato le sue conclusioni sulle pagine dello Spanish Journal of Psychology: