Il mal di testa colpisce il 30% dei bambini almeno una volta alla settimana. Come gestire il dolore e quando preoccuparsi per il mal di testa nei bambini? Iniziamo da qualche dato a livello internazionale: il mal di testa colpisce il 10% dei bambini e il 14% degli adolescenti. Dati in crescita rispetto agli anni scorsi ma comunque in linea con quelli registrati negli altri Paesi ed emersi nel corso dello studio internazionale Wocah (The World Children and Adolescence Headache), condotto su più di 15 mila bimbi e ragazzi di 26 Paesi del mondo e ha visto impegnati ricercatori afferenti a 70 Università e istituti clinici.
Sotto accusa lo stress della vita di tutti i giorni, che non risparmia nemmeno i più piccoli, le tecnologie e il loro abuso.
Secondo i ricercatori dell’università Sapienza di Roma, in collaborazione con la Fondazione Mondino di Pavia e il Consorzio di ricerca trasnazionale cefalee, dolore facciale e disordini adattativi (Ucadh), che hanno promosso l’indagine nel nostro Paese, esiste una forte componente ereditaria, soprattutto per linea materna, ma gli stili di vita contemporanei non aiutano.
La vita frenetica delle metropoli e l’abuso di computer ed Internet favoriscono l’insorgenza di emicranie e cefalee. E spesso questo disturbo viene sottovalutato, gestito con farmaci auto prescritti. Invece, soprattutto se il mal di testa è frequente, è importante intervenire coinvolgendo uno specialista perché l’emicrania può influire negativamente e profondamente sulla vita sociale, sul rendimento scolastico, sulla vita quotidiana di un adolescente.
Bisogna innanzitutto distinguere tra i vari tipi di mal di testa.
Oltre alle terapie farmacologiche la cefalea nei più piccoli viene innanzitutto trattata con interventi sullo stile di vita:
Gli esami utili per capire le cause del mal di testa nei bambini sono la risonanza magnetica cerebrale, l’EEG, le indagini oftalmologiche. La cefalea primaria va presa in carico da uno specialista che proporrà una terapia di attacco, finalizzata a gestire il momento della crisi, e una terapia di profilassi.
Per quanto riguarda la cefalea secondaria, invece, è necessario indagare sulle cause del disturbo e curare la malattia o l'infezione che sta alla base.
Susanna Esposito, Presidente del Congresso, Direttore dell’Unità di Pediatria ad Alta Intensità di Cura del Policlinico dell’Università degli Studi di Milano e Presidente WAidid, Associazione Mondiale Malattie Infettive e Disordini Immunologici, spiega che anche se i genitori sanno abbastanza bene come comportarsi quando il bambino ha la febbre spesso compie errori.
Ad esempio il 60% somministra farmaci senza chiedere al pediatra e la stessa percentuale di genitori utilizza rimedi della nonna per far scendere la temperatura come i panni imbevuti d'acqua fredda o il ghiaccio.
E allora ecco qualche consiglio su come comportarsi quando il bambino ha la febbre
Secondo un'indagine condotta dal Centro cefalee, IRCCS San Raffaele di Milano, almeno 8 bambini italiani su 10, di età compresa soprattutto tra gli 11 e i 15 anni soffrono di mal di testa.
E si tratta di attacchi anche frequenti (da 1 a 3 volte nell'arco di un solo mese) accompagnati, nei contesti più gravi, da nausea e vomito e che possono tenere lontani da scuola fino a 7-8 giorni in un anno, con assenze superiori a quelle per stati influenzali o malattie bronchiali.
A risentirne, di questi mal di testa, naturalmente, il rendimento scolastico: cala la concentrazione, aumentano la difficoltà di apprendimento e gli stati di ansia. Ad avere la peggio sono soprattutto gli adolescenti - in particolare le ragazze, in cui le percentuali di emicranie e cefalee possono incrementare fino a raggiungere punte del 20% contro solo il 5-10% fra i maschi - e i figli di genitori emicranici da cui ereditano il problema nel 60% dei casi. Senza contare poi le influenze che su queste componenti genetiche possono giocare i fattori ormonali, gli stati umorali, ambientali, uno stile alimentare "irritante", il tempo trascorso davanti a monitor di tablet e pc, e le ridotte ore di sonno.
La prevenzione con la correzione dello stile di vita e un trattamento precoce a base di rimedi nutraceutici, non tossici - contenenti magnesio, vitamina B2, coenzima Q10 e/o estratti di piante naturali tra cui partenio e ginkgo biloba - possono fare la differenza e ridurre il numero e l'intensità degli attacchi.
Stando a quanto riferito dagli esperti dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma soffrirebbero di emicrania 8 bambini su 100 e il mal di testa sarebbe la malattia neurologica più diffusa tra i bambini.
I sintomi del mal di testa sarebbero spesso insospettabili e non direttamente riconducibili all’emicrania: dolori alle gambe, mal di pancia, vertigini e torcicollo, mal d’auto sono fattori indicativi che se si ripetono nell’arco di due giorni possono essere direttamente legati al mal di testa.
I piccoli sono in grado di dire esplicitamente di avere al di testa intorno ai 3 anni, ma possono soffrirne anche prima e in tal caso possono apparire nervosi, capricciosi, insofferenti.
Quando preoccuparsi per il mal di testa? Gli esperti sono concordi: andare dal pediatra per capire se si tratta di emicrania vera e propria, oppure se il mal di testa non sia sintomo di un’altra patologia come la sinusite, difetti della vista o malattie cerebrali che potrebbero essere anche serie.
Dopodiché è importante rivolgersi ad un Centro Specializzato perché l’emicrania si può curare anche in età pediatrica: l’idea che i bambini non possano assumere antidolorifici è sbagliata, spiega Massimiliano Valeriani, responsabile di Alta Specializzazione Neurologia del Bambino Gesù, esistono alcuni farmaci, come i triptani, che non sono autorizzati sui bambini ma ne esistono altri che possono lenire il dolore causato dalla crisi di mal di testa e dare sollievo.
Se il bambino lamenta il mal di testa nella maggior parte dei casi i genitori si rivolgono all’oculista. Non c’è dubbio, certo, che il mal di testa sia uno dei sintomi tipici della miopia e, in generale, di un disturbo alla vista. Ma non è sempre così.
E secondo i ricercatori dell'Albany Medical Center di New York il collegamento tra mal di testa e disturbi alla vista è meno frequente di quanto si creda.
Lo confermerebbe lo studio condotto su 160 bambini con meno di 18 anni con frequenti mal di testa. Il risultato dell’indagine mostra che in nessuno dei casi esaminati il mal di testa è risultato essere associato ad un disturbo della vista.
Il responsabile della ricerca, Zachary Roth, ha spiegato che anche andando a rivedere gli esami oculistici fatti precedentemente alla comparsa degli episodi di mal di testa, nel 75% dei casi la vista dei bambini non aveva subito nessun cambiamento e chi portava gli occhiali non doveva cambiarli.
Inoltre anche se il 14% dei piccoli pazienti raccontava di soffrire di mal di testa soprattutto quando guardava la televisione o faceva i compiti, in realtà in nessuno di essi un deficit visivo è risultato essere il vero problema.
Cosa se ne conclude?
Secondo gli esperti americani, innanzitutto che non sempre il mal di testa nei bambini è provocato da un deficit visivo, ma spesso da fattori ereditari o psicologici, e che in ogni caso gli episodi spariscono. Nel 76,4% dei pazienti, infatti, il mal di testa è sparito entro breve tempo, con occhiali o senza.
In ogni caso il consiglio è di non ignorare mai il mal di testa dei bambini e rivolgersi sempre al medico se gli episodi diventano frequenti.
Ci potrebbe essere un legame tra l'emicrania nei bambini e un comune difetto cardiaco.
Lo afferma uno studio secondo cui è possibile che correggendo il forame ovale, un problema nella parete che separa le due valvole superiori cardiache, si possa diminuire o far sparire il mal di testa.
L'emicrania, spiegano i ricercatori dell'Università dello Utah, colpisce circa il 15 per cento dei bambini, un terzo dei quali sviluppa la forma con aura.
Studiando 109 pazienti fra i 6 e i 18 anni colpiti da questa patologia con un ecocardiogramma al cuore gli esperti hanno scoperto che nel 50 per cento bambini che avevano l'emicrania con aura c'era anche il forame ovale, una percentuale che è doppia rispetto alla popolazione generale.