In un periodo in cui le allergie stanno aumentando di numero e di incidenza nella popolazione, i bambini rappresentano la categoria più esposta. Questo perché il loro organismo è ancora in formazione. Tra le allergie più comuni, quelle alimentari sono le più riconoscibili. Approfondiremo in questo posto il tema delle allergie e intolleranze alimentari nei bambini, come si manifestano e quando fare le prove allergiche.
Nel nostro Paese l’allergia più diffusa è quella al latte vaccino. Maria Antonella Muraro, responsabile del Centro dedicato allo studio e alla cura delle allergie e delle intolleranze alimentari dell’Università di Padova, spiega che più di centomila bambini tra 0 e 5 anni sono costretti a nutrirsi con latte formulato ipoallergenico che rappresenta una spesa considerevole per il bilancio familiare.
Il problema delle allergie alimentari si traduce, nella vita di tutti i giorni, anche in serie difficoltà relazionali e sociali: ad esempio, il timore di incorrere in reazioni allergiche, anche gravi, spinge una mamma su cinque a non far partecipare il proprio bambino a feste di compleanno e ad altre occasioni di socializzazione. Inoltre, i dati riferiscono che il 71% dei piccoli allergici considera monotona e noiosa la propria vita e il 23% non assaggia i nuovi cibi per paura di essere allergico. Un piccolo esercito di bambini allergici e sempre più isolati.
Innanzitutto, bisogna fare una differenza tra allergia ed intolleranza, spesso considerate, a torto, uguali:
L'allergia alimentare si sviluppa soprattutto perché il sistema immunitario risponde in maniera scorretta agli antigeni di precisi alimenti, soprattutto proteine: è il sistema gastrointestinale che dovrebbe bloccare gli antigeni, ma poiché nei lattanti non è ancora ben sviluppato può venire meno questa sua funzione, provocando reazioni allergiche che colpiscono solitamente
Generalmente queste allergie scompaiono entro i 3 anni di vita; la predisposizione alle allergie è però un fattore determinante: se un genitore è già allergico, il bambino avrà circa il 45% di possibilità di sviluppare anche lui allergie alimentari; la percentuale sale quasi al doppio, all'80% circa, se entrambi i genitori sono allergici.
E' importante quindi prolungare, soprattutto in questi bambini con predisposizione genetica, il più possibile l'allattamento al seno, che permette di usufruire degli anticorpi materni.
Cosa fare se si sopetta un'allergia al latte o all'uovo?
Innanzitutto è bene rivolgersi al pediatra di fiducia, che lo indirizzerà, quando necessario, presso un centro specializzato di allergologia pediatrica. Lì verranno fatti dei test sulla pelle (prick test) o esami del sangue per valutare la presenza dell'allergia. In genere viene consigliato di non fare le prove allergiche prima dei 3 anni, perché fino a quell'età il risultato degli esami può essere di difficile interpretazione.
Gli alimenti che causano il più alto numero di allergie sono il latte vaccino, le uova, le arachidi, il pesce, i crostacei, la soia, le noci. Le allergie a latte e uova si risolvono spesso spontaneamente entro i 3 anni di età; più difficili, invece, le allergie agli altri alimenti.
Un ruolo importante è rappresentato anche dallo svezzamento. Il bambino con predisposizione alle allergie va infatti allattato il più possibile al seno e svezzato non prima dei 5 mesi di età, introducendo molto attentamente un alimento alla volta per tenere sotto controllo eventuali reazioni.
Se si osservano sintomi quali orticaria, eruzioni cutanee, difficoltà respiratoria, gonfiori, dolori addominali, vomito, l'alimento scatenante va eliminato dalla dieta, magari reintroducendolo, sotto stretto controllo pediatrico, dopo qualche mese.
Inoltre, nella dieta di esclusione degli alimenti incriminati, va valutato attentamente l'apporto nutritivo che viene a mancare che va sostituito con somministrazioni extra dei nutrienti mancanti.
Il pediatra va consultato in ogni caso per concordare con lui la prevenzione e la terapia più efficace, ma soprattutto va consultato in casi di orticaria, gonfiori, prurito o altri sintomi evidenti di allergia a circa mezz'ora dall'ingestione di un particolare alimento.
Si consiglia invece di recarsi immediatamente al Pronto Soccorso quando il bambino ha fame d'aria e tosse, con conseguente sensazione di soffocamento.
Ecco i consigli degli esperti della Siaip (Società italiana di Allergologia e Immunologia Pediatrica) per i genitori di bambini a rischio allergia.
Uno dei principali alimenti cui prestare attenzione, soprattutto in estate, perché potrebbe causare un’allergia nel bambino è il pesce.
Il monito viene da Alessandro Fiocchi, responsabile di Allergologia dell'ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma. L’allergia al pesce è una sensibilità che emerge in conseguenza all’ingestione di ogni tipo di pesce e a volte anche solo sentendone l’odore (può capitare che il bambino abbia una crisi asmatica inalando l’odore del pesce).
L’estate è il periodo in cui maggiormente si mangia fuori, in ristoranti sulla spiaggia e si provano pietanza nuove, magari esotiche. L’esperto raccomanda di porre molta attenzione, quindi, all'assunzione di crostacei, kiwi, frutta secca e spezie da parte di soggetti che già presentano un'allergia (allergia ai pollini, allergie alimentari, alle punture d'insetti, etc.) .
Ma come comportarsi se il bambino ha crisi allergica dopo aver mangiato il pesce?
Appurato che nella maggior parte dei casi l'allergia passa spontaneamente entro i 5 anni, laddove ciò non dovesse avvenire presso i centri allergologi ospedalieri specializzati si usa in genere l'immunoterapia orale: in pratica si aiuta l’organismo ad accettare piccole dosi sempre crescenti dell’alimento cui si è allergici.
L'obiettivo non è tanto permettere ai bambini di bere il latte a colazione o consumare uova a volontà, quanto quello di abituare l'organismo a sostenere piccole quantità dell'allergene senza scatenare uan crisi allergica. I bimbi allergici, infatti, non possono nemmeno mangiare prodotti sulla cui etichetta c'è scritto "può contenere tracce di..." il che rende ancora più difficile la loro vita. Abituare l'organismo a piccole quantità dell'alimento incriminato permetterebbe di gestire meglio la vita quotidiana e non dover vivere con il terrore di mangiare qualcosa di rischioso.
Ma attenzione, reintrodurre l’alimento in dosi piccole e sempre crescenti è una procedura delicata che va fatta sotto stretto controllo medico e mai in casa di propria iniziativa