La sindrome dell’ovaio policistico è un disturbo che colpisce circa il 5-10% delle donne in età riproduttiva e rappresenta la principale causa di infertilità femminile. Vediamo quali sono i sintomi, le conseguenze e come si fa la diagnosi.
Durante la normale fase di ovulazione, gli ovociti vengono espulsi dalle ovaie per essere fecondati dagli spermatozoi, ma nell’ovaio policistico (caratterizzato, cioè, da piccole cisti ripiene di liquido) spesso i follicoli, che si presentano in numero eccessivo, non giungono a maturazione e l’ovocita non viene mai espulso.
La sindrome dell'ovaio policistico (Pcos) è il più frequente disturbo ormonale delle donne in età riproduttiva. Colpisce il 5-10 per cento della popolazione femminile, provoca disagi importanti e si manifesta con mancanza o ritardi (40- 60 giorni) delle mestruazioni, infertilità, obesità, irsutismo e acne. In particolare:
Aborti ricorrenti possono essere collegati alla sindrome dell’ovaio policistico (i dati rivelano che il 65% delle gravidanze in donne con la sindrome termina con un aborto spontaneo) a causa degli anomali livelli dell’ormone luteinizzante (LH).
Inoltre uno studio coordinato da Rosanna Apa dell'Istituto di Clinica Ostetrica e Ginecologica dell'Università Cattolica di Roma e realizzato in collaborazione con l'Istituto di Cardiologia dell'ateneo mostra che le donne in età riproduttiva con ovaio policistico devono tenere d'occhio la salute del proprio cuore più delle coetanee che non ne soffrono, perchè hanno più possibilità di sviluppare negli anni patologie cardiovascolari e disturbi metabolici.
La ricerca è stata pubblicata sulla rivista internazionale 'Fertility e Sterility'.
Rosanna Apa spiega
E' noto che le giovani donne abbiano un minore rischio di eventi cardiaci, ma questa protezione biologica si affievolisce dopo la menopausa lasciandole vulnerabili a sviluppare malattie cardiovascolari nel corso degli anni
Come si è svolto questo studio? Una ricerca condotta dall'Istituto di Cardiologia della Cattolica aveva dimostrato che pazienti affetti da angina instabile presentavano un'espansione di una peculiare sottopopolazione di linfociti T (definiti CD 28 null) nel sangue periferico. I ricercatori dell'Istituto di Clinica Ostetrica e Ginecologica della Cattolica, partendo da questo dato, hanno studiato la presenza di tali linfociti in donne affette da policistosi ovarica e in un gruppo di controllo di donne sane, riscontrando che i linfociti sono significativamente più numerosi nelle donne affette da PCOS.
La ricerca ha coinvolto 30 donne con ovaio policistico tra i 18 a 37 anni d'età, con anamnesi negativa per patologie cardiovascolari. Le giovani presentavano essenzialmente disturbi del ciclo (mestruazioni scarse o assenti); segni di iperandrogenismo, cioè di sviluppo di caratteri maschili come eccessiva crescita dei peli su viso, petto e addome; acne e infertilità. La novità del lavoro è stata quella di identificare in queste donne un'anomalia del sistema immunitario sovrapponibile a quella descritta in caso d'angina instabile, dunque un possibile marker di rischio.
La maggior parte delle donne non si rende conto di avere questo problema finché non cerca una gravidanza. Di fronte alle difficoltà di concepimento, il controllo ecografico, spesso accompagnato da un esame del sangue per misurare i livelli ormonali, porta una diagnosi spesso inaspettata.
La comunità scientifica ancora si interroga sulle possibili cause della sindrome dell’ovaio policistico. Certamente esiste una predisposizione genetica e un maggiore rischio di sviluppare la sindrome se si soffre di diabete di tipo II (o se ci sono casi in famiglia) o se i familiari maschi soffrono di calvizie precoce. Inoltre il sovrappeso aumenta il rischio.
Se adeguatamente curata la donna con sindrome dell’ovaio policistico ha ottime probabilità di diventare madre.
Generalmente il primo approccio terapeutico consiste nel clomifene, uno stimolante dell’attività ovarica: può indurre l’ovulazione, ma in certi casi aumenta il rischio di gravidanze gemellari perché procura lo scoppio di più di un follicolo.
Una seconda opzione è rappresentata dalle gonadotropine a basso dosaggio che offrono ottime probabilità di successo.
Nelle donne in sovrappeso, soprattutto se non rispondono al clomifene, può essere prescritta la metformina per migliorare l'utilizzazione periferica del glucosio e abbassare i livelli degli ormoni androgeni, aumentando quelli della SHBG, la proteina legante gli ormoni sessuali.
In generale, è importante tenere il proprio indice di massa corporea tra 19 e 25 e seguire una dieta equilibrata finalizzata a perdere peso. In alcuni casi è sufficiente perdere peso e cambiare stile di vita e alimentazione per aumentare le probabilità di concepimento.
L'inositolo è l'integratore più prescitto per le donne con PCOS che sono in cerca di una gravidanza, migliora anche l'insulino resistenza e viene assunto in associazione con l'acido folico. Tuttavia non tutte le ricerce condotte in proposito ne confermano l'efficacia. Un altro supplemento che può essere indicato è la L-carnitina che influenzerebbe ovulazione e fertilità.